Don Rodrigo

Don Rodrigo1, nel romanzo, non viene mai descritto individualmente in modo ampio e articolato; Sono altri i modi che l’autore utilizza per darci un’idea del personaggio. Egli appare in mezzo ad altri personaggi, quasi a significare che non è importante come singolo ma lo è, invece, per il suo ruolo, per il potere che egli esercita e che regola il comportamento degli altri.

Il Capitolo V presenta Don Rodrigo in modo indiretto: «in capo di tavola, in casa sua, nel suo regno, circondato d’amici, d’omaggi, di tanti segni della sua potenza»; è rappresentato invece attraverso lo “spazio” in cui egli vive, con la descrizione del suo palazzotto e del piccolo villaggio che lo circonda. È attraverso gli elementi che, tramite gli oggetti e le persone, si rappresenta il signore del luogo.

Don Rodrigo nel sistema dei personaggi dei Promessi Sposi è il prepotente che, impedendo il matrimonio tra Renzo e Lucia, mette in moto la vicenda. È un personaggio negativo che incarna i disvalori del Seicento: la certezza dell’impunità gli permette di commettere soprusi: un distorto senso dell’onore gli fa porre il prestigio personale e della famiglia al di sopra di ogni cosa, senza tener conto della ragione o del torto.

Entra in scena all’inizio del racconto altrettanto indirettamente, come mandante dei bravi, e il terrore di don Abbondio, le esclamazioni di Perpetua: Delle sue! Oh che birbone! oh che soverchiatore! oh che uomo senza timor di Dio!, fanno capire quale fosse la sua fama nel paese. La descrizione dell’ambiente in cui vive è un’ulteriore connotazione del personaggio: il palazzotto sorge isolato e domina sulle casupole dei contadini, i quali sembrano più propensi a compiere violenze che a coltivare i campi. Il palazzo ha l’aria cadente, due avvoltoi morti sono inchiodati sui battenti del portone, due bravi, sdraiati su due panche, sono di guardia per impedire visite sgradite.

Manzoni, come già anticipato, non descrive l’aspetto fisico di don Rodrigo e non racconta la sua storia, ma la presenza sottomessa del podestà e del dottor Azzecca-garbugli alla sua tavola sono un altro indizio del suo malcostume. Il dialogo con fra Cristoforo chiarisce definitivamente la psicologia del personaggio: sicuro del potere che gli deriva dal titolo, non accetta il richiamo del frate al rispetto della giustizia, al dovere di non compiere un misfatto, e arriva a fingere di offrire protezione alla giovane insidiata; si sdegna, poi, quando il frate gli predice il castigo di Dio, e lo scaccia i malo modo. Non rinuncia ai suoi progetti e persegue il desiderio di far sua Lucia, benché non riesca a cancellare dalla sua mente le parole di fra Cristoforo, anche se le rifiuta: infatti, l’immagine minacciosa del frate ritornerà nell’incubo che lo agiterà quando verrà colpito dalla peste.

Don Rodrigo non è il malvagio che coerentemente porta a comnpimento i suoi piani ma è l’uomo/burattino che viene spinto a tenere un comportamento violento dalle consuetudini del tempo, dall’ambiente in cui vive.

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  1. Fonte immagine: Wikipedia

Alberto Sgarbossa

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